Spunti sulla Dm e sul test genetico

Meeting Mielopatia Degenerativa del 19 Gennaio 2014

Spunti sulla Dm e sul test genetico

Domenica 19 Gennaio ho partecipato a un meeting, sulla Mielopatia Degenerativa, il test DM, e un progetto di ricerca che avrà per oggetto la razza Hovawart. Il meeting si è svolto a Ferrara presso il Centro Cinofilo “Il Giardino del Duca”, organizzato dal Hovawart Club Italia che ringrazio per l’invito, in special modo nella persona di Elisabetta Rombolà, che si è fatta carico di mettere in piedi questa iniziativa per la sua razza, e con la quale ho con piacere collaborato rendendo disponibile quanto in mia disponibilità grazie al lavoro svolto nel Cane Lupo Cecoslovacco dal 2010.

Il meeting si è svolto in due parti, una prima dedicata alla patologia e tenuta dal Prof. Gualtiero Gandini, e una seconda parte tenuta dal Prof. Fabio Gentilini e dalla D.ssa Maria Elena Turba, dedicata alla spiegazione tecnica del test DM e del progetto “Nebbia”, progetto che prende il nome da una femmina di Hovawart attualmente affetta dalla sintomatologia classica della Mielopatia Degenerativa, nonché omozigote per il gene mutato.

Riguardo la prima parte non ci sono decisive novità nello studio della patologia, la ricerca procede nella direzione indicata dallo studio cardine della D.ssa Joan Coates del 2009, ovverosia lo studio delle similitudini della DM con la malattia umana della SLA. Sono di recente pubblicazione, Ottobre e Dicembre 2013, due studi di cui Joan Coates e che riguardano la caratterizzazione biochimica del SOD1 e lo studio comparativo dello stato patologico dei muscoli intercostali nella DM e nella SLA. Di più rilievo interesse è sicuramente la notizia, fornita dalla stessa Joan Coates al Prof. Gandini pochi giorni fa, della imminente pubblicazione di uno studio riassuntivo di tutta la sperimentazione eseguita dopo la scoperta della correlazione tra la mutazione del SOD1 e la DM nel 2008 e pubblicata nel 2009. Si preannuncia uno essere uno studio monumentale nei numeri, con oltre 30.000 test effettuati e oltre 250 esami autoptici.

La situazione è quella che si è profilata ormai negli ultimi mesi. La correlazione tra la mutazione classica (SOD1:c.118>A) e la patologia è ormai un dato assodato e fuori discussione, come anche che la sola mutazione non è sufficiente a spiegare l’insorgenza della malattia. Se fino a un paio di anni fa si riteneva necessaria l’esistenza di un Trigger, una sorta di fattore scatenante, oggi sembra più plausibile ricondurre la penetranza incompleta della mutazione all’esistenza di altre mutazioni coinvolte o geni modificatori che influiscono sull’espressione genica. Questo sembra avvalorato dal fatto che è già stata individuata un’altra mutazione (c.52>T) responsabile di DM di cui avevo già parlato in un precedente articolo, che lo studio in pubblicazione nei prossimi mesi ha però riscontrato come essere circoscritta alla razza Bovaro del Bernese.

Lo studio pubblica anche una casistica di alcuni casi di soggetti eterozigoti (n/DM) deceduti con sintomatologia classica il cui esame istopatologico ha rivelato una degenerazione mielinica da DM. Ho espressamente chiesto al prof. Gandini quale peso è necessario dare a questo dato, la risposta datami è che sicuramente è un dato di rilevanza scientifica, ma le possibilità per le quali un eterozigote possa aver manifestato la malattia sono molteplici, quali la presenza di un’altra mutazione non rilevata dai test (come nel caso dei Bernesi che erano n/n per il 118>A ma omozigoti per il 52>T), la casistica di eterozigoti composti in cui l’espressione genica dell’allele sano potrebbe essere stata inattivata da un altro gene e quindi lasciando esprimere solo l’allele mutato come se fosse omozigote.

Nonostante alcuni lavori minoritari, il prof. Gandini ritiene come già affermato nei precedenti incontri che non ci sono allo stato terapie di cura e prevenzione con rilevanza scientifica attendibile.

Da rilevare infine, dell’intervento del prof. Gualtiero Gandini, le sue conclusione e indicazioni per l’allevamento che non si discostano da quanto da me riportato nei precedenti articoli e che erano comunque il frutto del mio confronto con lo stesso Gandini e la D.ssa Coates, e con le comuni e basilari regole zootecniche sulla selezione e il controllo dei disturbi genetici in allevamento. Non credo sia cosa inutile riportare in sintesi quanto espresso dal Prof. Gandini nella sua slide conclusiva:

-RIDURRE LENTAMENTE E GRADUALMENTE L’INCIDENZA DELLA MALATTIA

-L’UTILIZZO DEL TEST FORNISCE LO STRUMENTO ADATTO A QUESTA SELEZIONE GRADUALE

-IL VALORE DI UN RIPRODUTTORE DEVE ESSERE DATO DA TUTTI I PARAMETRI DI UNA SELEZIONE, NON SOLO DAL TEST PER UNA SINGOLA MUTAZIONE

Riporto di seguito quanto affermato dal Prof. Gentilini in merito, ovverosia la sua opinione è che sia necessario monitorare e controllare la frequenza allelica nella razza, evitare gli accoppiamenti che creano genotipo (DM/DM) a rischio di sviluppare la malattia. Ma parimenti è necessario non incentrare la selezione solo su quello, o peggio voler eradicare la presenza dell’allele, in quanto il DNA viene ereditato non a singoli geni ma  a “porzioni di DNA” e quindi l’eradicazione di un gene senza la specifica conoscenza della regione in cui si trova e degli effetti di linkage può portare a deriva genetica di tratti desiderabili nella selezione di una razza.

La seconda parte del meeting, tenuta appunto dal Prof. Fabio Gentilini e dalla D.ssa Maria Elena Turba è stata di notevole interesse, in quanto ha avuto come uno dei focus una spiegazione delle tecniche di laboratorio che permettono di arrivare al risultato del test e le possibili cause di errore nello stesso. E’ appunto a questo focus che mi preme dare spazio in questa sede, visto che nella nostra razza è in auge una disinformazione, anche autorevole, su questo test e la sua presunta inaffidabilità.

Vorrei partire da una domanda fatta da una persona presente che chiedeva, appunto, informazioni sulla validità scientifica del test e le presunte voci che il test non sia riconosciuto.

Il prof. Gentilini illustrava come esistano test genetici, sia in ambito umano che animale, che sono messi a punti a livello commerciale e vengono proposti ed eseguiti al di fuori delle validazioni scientifiche. Non è sicuramente il caso del test DM. La correlazione tra la malattia e la mutazione che viene ricercata nel test è stata sancita dall’articolo della Coates del 2009 (articolo che a detta di Gandini rappresenta uno spartiacque cronologico per la sua epocale importanza) ma, dato di cui non ero a conoscenza, un altro studio di Genome Wide Association condotto per diversi disturbi nel pastore tedesco, che con tecniche diverse ha rilevato la stessa correlazione tra la mutazione 118>A e la Mielopatia Degenerativa (Kate L. Tsai et.al, 2011). Secondo il prof. Gentilini, questo secondo studio sancisce al di là di ogni ragionevole dubbio la validità scientifica di considerare la patologia DM correlata alla mutazione descritta per la prima volta nel 2009 dalla Coates.

Di alto valore tecnico, e sicuramente di ardua comprensione per molti, la spiegazione delle varie modalità con cui viene rilevata in laboratorio la mutazione da un campione biologico. Avevo affrontato questo argomento con il Dr. Mazza del laboratorio LGS/AIA, proprio in sede di laboratorio in cui mi era stata illustrata tutta la sequenza delle operazioni necessarie alla diagnostica del test, con la metodologia che viene da loro usata. Con l’intervento del prof. Gentilini ho avuto modo di avere conoscenza generica di tutte le metodiche possibili per arrivare al risultato.

Una spiegazione tecnica in questo articolo non ha nessun senso, ma una breve e generica spiegazione credo sia d’obbligo per comprendere le problematiche dei test. Bisogna capire che non esiste, come molti credono, un macchinario in cui viene messa una goccia di sangue del vostro cane e da cui esce un risultato tipo nero/bianco. Dal campione biologico (sangue, pelo, saliva) che viene prelevato, la prima operazione dopo una corretta assegnazione del campione ai dati del cane, è quella di estrarre il DNA. Questa operazione può essere fatta attraverso diversi metodi, ed è una operazione molto delicata in quanto suscettibile a contaminazioni che possono compromettere il risultato fin dall’inizio. Una volta estratto il DNA ci sono appunto diversi modi per sapere se la mutazione è presente, se come eterozigote, se come omozigote. A questo punto i metodi si dividono in due gruppi principali. Ci sono metodi detti “Sequenza Specifici” e “Sequenza non-Specifici”. I primi cercano specificamente la presenza della mutazione, i secondi vanno a sequenziare tutto il DNA in una regione specifica, dove si sa essere presente la mutazione. Per i due diversi gruppi esistono diversi metodi, ognuno con le sue proprie problematiche. In alcuni il punto debole può essere dato dalla necessità di “aprire” il filamento del DNA (tubo aperto), operazione che rende suscettibile alla contaminazione ambientale se le procedure di laboratorio non sono eseguite con rigoroso scrupolo. Altri metodi utilizzano dei reagenti, detti sonde fluorescenti, che a contatto con una parte del DNA reagiscono emettendo un colore quando trovano la specifica mutazione per cui sono realizzati. La problematica può essere data dalla presenza, in regioni adiacenti del DNA, di altre mutazioni che possono inattivare l’effetto della sonda che quindi non rileva più la mutazione oggetto del test. Questo tipo di problematiche possono essere però verificate con dei test pilota e con dei controlli incrociati. Ci sono poi delle problematiche che possono portare a errori riconoscibili come aberrazioni ricorrenti.

In sintesi la metodica di laboratorio non è una esecuzione meccanica che può dare affidabilità al 100%. Viene ritenuta come casistica normale e accettabile, un margine di errore del 2% nelle pratiche di laboratorio, che sicuramente non è trascurabile.

E’ quindi necessario comprendere che i risultati incongrui possono avere le seguenti cause:

-CARATTERISTICA DEL DNA (le problematiche sopra descritte)

-QUALITA’ DEL CAMPIONE  (scarso materiale di partenza può falsare il risultato)

-STRUMENTI E REAGENTI (cattiva manutenzione e/o qualità)

-ERRORE UMANO (errori di campionamento per la maggiore)

Quando siamo di fronte ad un risultato incongruo è necessario venire a capo del motivo. La possibilità che la mutazione si verifichi in ambito di duplicazione del DNA e che quindi compaia da una generazione all’altra è alquanto remota anche se non impossibile. Sicuramente una mutazione non può scomparire nel figlio se presente nei genitori.

Quindi è necessario procedere con il laboratorio che ha effettuato il test a un protocollo per individuare l’errore affinché si possa non solo avere il risultato esatto, ma anche attuare strategie per fare si che non si verifichino più, come nelle problematiche delle sonde neutralizzate da mutazioni adiacenti e ricorrenti nella razza.

Soprattutto è necessario considerare l’incidenza dei risultati incongrui nei laboratori. Personalmente posso dire che presso Laboklin i risultati incongrui sono stati pochissimi e non c’è stata mai la seria volontà dei proprietari dei cani di verificare dove si trovasse l’errore, che è bene ricordare può trovarsi a monte del laboratorio che effettua il test, quindi nella reale parentela del cane, o nei test dei genitori. Anche per i test effettuati dall’Università di Praga non si segnalano incongruenze, come anche per i test effettuati da LGS/AIA nel 2011 e 2012 che ho seguito personalmente. In realtà una apparente incongruenza si era manifestata nel test di una intera cucciolata, ma fu il laboratorio stesso a riscontrarla e chiedere di ripetere le analisi con controlli più restrittivi e su campione biologico più idoneo.

Non ho avuto esperienze dirette con il laboratorio Genfast, rappresentato all’evento dalla D.ssa Turba, ma le metodiche illustrate con le quali effettuano i test, la ricorrenza dei test di controllo e la volontà di fare informazione appunto su queste delicate tematiche mi portano a ritenerlo un laboratorio serio e affidabile.

Dove  gli errori superano appunto la soglia del 2% è evidente che esiste una problema nei processi di laboratorio o campionamento ma, soprattutto se manca la collaborazione del laboratorio a venire a capo di dove si colloca esattamente nella filiera il problema che genera l’errore nel risultato, questo laboratorio non può essere ritenuto un partner affidabile per l’allevatore o per le iniziative delle Società Specializzate.

Alla luce di queste tematiche ci tengo a ribadire il mio pensiero, più volte espresso, circa la l’opportunità di utilizzare dei riproduttori il cui risultato è solo dedotto dal risultato dei genitori, come nel caso dei figli di omozigoti sani (n/n). La riconosciuta casistica del 2% degli errori di laboratorio in quei contesti dove vengono seguite le più scrupolose procedure, casistica che può diventare più rilevante laddove ci sono minori controlli, impone il fatto che in sede di riproduzione non ci si può fidare di un risultato dedotto. Se si alleva con risultati dedotti c’è la concreta possibilità di perpetuare  errori che possono portare, nelle generazioni successive, a soggetti predisposti per la malattia.

Già nel 2010 espressi la mia opinione negativa contro l’amministrazione di Wolfdog.org per la loro scelta di pubblicare risultati dedotti sulla base dei test dei genitori. Per questo motivo nel database di CLC-Italia.it vengono solo pubblicati i risultati eseguiti e certificati, e nessuna considerazione viene accordata ai risultati dedotti.

 

 

Camatta Alessio

 

l'autore ha partecipato ai seguente eventi divulgativi sull'argomento:

-Convegno Cinofilo, Castel San Pietro Terme (BO) 4 Novembre 2010, Mielopatia Degenerativa, relatore Prof. Gualtiero Gandini, Università di Bologna

-Meeting GALC, Sasso Marconi (BO) 19 giugno 2011, Mielopatia Degenerativa, relatore Prof. Gualtiero Gandini, Università di Bologna

-Meeting Hovawart Club, Ferrara 19 Gennaio 2014, Mielopatia Degenerativa, relatori Prof. Gualtiero Gandini, Prof. Fabio Gentilini, D.ssa Maria Elena Turba

 

Bibliografia:

-Joan R. Coates  “Genome Wide Association analysis reveals a SOD1 mutation in canine Degenerative Myelopathy that resembles amyotrophic lateral sclerosis” 2009

 -Kate L. Tsai  “Genome Wide Association studies for multiple disease of the German Sheperd Dog” 2012

 -Morgan Br, Coates JR “Characterization of intercostal pathology in canine degenerative myelopathy: a disease model for amyotrophic lateral sclerosis”  2013

 -Crisp MJ, Coates JR   “Canine degenerative myelopathy: biochemical characterization of superoxide dismutase 1 in the first naturally occurring non-human amyotrophic lateral sclerosis”  2013

 

 

Articolo inserito il 21/01/2014